Recensione libro: “The Program”

Negli ultimi anni, a partire dal fenomeno “Hunger games”, è tornato alla ribalta il genere distopico. Si tratta di utopie al contrario, dalla connotazione negativa data dal fatto che c’è un sistema che esercita un potere così enorme sul popolo da non renderlo più libero. Le origini di questo genere risalgono a libri del calibro di “1984” di Orwell, “Noi” di Zamyatin e “Fahrenheit 451” di Bradbury.
“The program” è un romanzo di Suzanne Young pubblicato nel 2013 negli Stati Uniti che rientra tra i bestseller del New York Times. E’ stato tradotto e pubblicato in Italia nel 2015. Ho adorato questa storia perché mi ha fatta immergere in un turbine di emozioni, costringendomi a divorare il libro in soli tre giorni (molto pochi per una pigrona come me!).
In un mondo dove il suicidio è diventato tra gli adolescenti una vera e propria epidemia, il Programma fornisce una soluzione: cancella la memoria ai soggetti a rischio. Così Sloane, per non perdere i suoi ricordi, è costretta a tenere nascoste le sue emozioni negative, a trattenere le lacrime. Lei ha visto il suicidio di suo fratello e la sua ancora di salvezza adesso è James, il suo ragazzo, nonché migliore amico del defunto. Ma quando James viene preso dal Programma, la sanità mentale di Sloane è a rischio, così come lo sono i suoi ricordi. La storia d’amore tra i due ragazzi è profonda perché a unirli non è solo l’attrazione fisica, ma anche la condivisione della sofferenza, il poter essere liberamente se stessi solo in presenza dell’altro. Sloane è terrorizzata all’idea di perdere tutti i suoi ricordi, belli e brutti, per questo lotta anche una volta dentro il Programma: ma vincerà? Riuscirà a salvare qualche ricordo?
Il romanzo si discosta dagli ultimi distopici pubblicati per un pubblico young adults per diversi motivi. Innanzitutto i temi trattati sono molto profondi e delicati, come suicidio, morte e memoria. Inoltre può essere definito un distopico “mentale” perché non vi è vera e propria violenza fisica, ma i ragazzi vengono violati a livello mentale dato che vengono costretti a subire un trattamento che elimina i loro ricordi. Durante e dopo la lettura, nascono diverse domande nel lettore: Chi siamo noi senza ricordi? Rinunceremmo ai nostri ricordi felici per non rivedere più quelli terribili? Meglio tenere sempre uno sguardo rivolto al passato o cancellarlo con un colpo di spugna per rivolgerci solo al futuro?
Per fortuna non dobbiamo porci queste domande perché non rischiamo di essere sottoposti ai trattamenti del Programma. Ma se potessimo cancellare parti del nostro passato, lo faremmo?

Questa recensione è stata pubblicata anche sulla testata ufficiale dell’Università di Messina:

The program


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